Quest’anno finalmente seguo due classi dall’inizio alla fine, una la accompagno anche all’esame. Ahimé, prima di essere dichiarata adatta a insegnare nella scuola svizzera, devo superare ancora delle supervisioni, quindi non sono quasi mai in classe da sola. Ma la relazione con la mia collega è piuttosto serena e ho avuto abbastanza margine di manovra da poter proporre uno dei libri che avremmo portato all’esame.
A questo punto molti insegnanti scelgono delle versioni semplificate per stranieri di autori famosi, magari con gli esercizi già belli pronti a fine capitolo. Io purtroppo ho un’allergia per i rimaneggiamenti, alcune esperienze deludenti alle spalle, e un’innata attitudine a scegliere la strada più faticosa, perché la trovo sempre più interessante. Quindi preferisco scegliere un romanzo per ragazzi e fare io quell’operazione che va sotto il nome cacofonico di didattizzazione del testo.
Il 2021 è l’Anno Dantesco, io mi ritrovo presidente del comitato locale dell’omonima Società, e Luigi Garlando mi ha offerto un assist che ha reso la scelta obbligata: “Vai all’Inferno Dante!” diventa il nostro libro di lettura.
Considerando che i miei allievi studiano l’italiano come terza o quarta lingua e navigano tra un livello A1 e un B1, 338 pagine sono una bella sfida, che accetto baldanzosa. Organizziamo gruppi di lettura e discussione, assegnamo compiti di riassunto e riflessione, carichiamo il piano di lettura sulla piattaforma on line e ci avventuriamo verso la meta di incontrare dal vero il nostro autore in primavera e di arrivare preparatissimi.
A ridosso delle vacanze di Natale le mie truppe manifestano malcontento, il libro è lungo, prof, non capiamo, ci sono un sacco di parole che non troviamo nel vocabolario…
Senza perdermi d’animo rilancio: ” Va bene, capisco, per chi non conosce Fortnite o il calcio, alcuni capitoli possono essere difficili. Vi propongo di organizzare una scambio di competenze: ciascuno sceglie un tema e ne fa una piccola presentazione per aiutare gli altri a capire la storia, a gennaio iniziamo, poi le carichiamo tutte sulla piattaforma così le avete per ripassare prima dell’esame”.
Lasciare gli studenti liberi di fare è quasi sempre una buona scelta, io mi diverto a vedere la sfilata di powerpoint dai colori sgargianti e l’aria serissima con cui illustrano ai loro compagni i segreti della serie A o cosa sia uno schieramento 4 4 2 e la settimana dopo svelano le migliori strategie di Fortnite e i nomi dei rapper italiani più famosi. La prima a farsi avanti chiede la sera prima via whatsapp se la sua presentazione può essere valutata. Non era nei patti, serve una votazione democratica; al primo turno prevalgono i contrari alla valutazione; segue dibattito: – Ma scusate cosa vi costa, preparate una presentazione su quello che volete, vi imparate il testo, poi andate lì e vi prendete per forza un bel voto! – Beh, tu sei sicura di prendere un bel voto, io no!
L’interessata assiste alla discussione sempre più tesa, il suo ultimo messaggio era delle 23, evidentemente aveva lavorato parecchio e voleva il voto. Io taccio, non posso imporre la mia decisione, ma la invito a cominciare. Impeccabile, ha fatto un lavorone, alla fine siamo tutti potenziali campioni di Fortnite e lei ha gli occhi lucidi, vuole il voto, mi dispiace per lei.
Chiedo se ci sono domande. – Scusi prof, io non ho domande, ma vorrei cambiare la mia decisione, avevo detto che non volevo la valutazione, ma ora non mi sembra giusto che lei abbia lavorato così tanto e non abbia un buon voto. Chapeau. Vittoria a tavolino. Buoni voti in vista per tutti.
Le settimane avanzano e arriva il turno di chi proprio non voleva essere valutata; le capisco, oggettivamente hanno a disposizione meno lingua italiana degli altri, ma quando una ragazza ha attraversato mezzo mondo per arrivare qui con la sua famiglia e in tre anni si è imparata cinque lingue con un alfabeto diverso dal suo, diciamo che ha sviluppato ben altre competenze e una determinazione a passare l’esame che basterebbe per tutta la classe.
Chiedo cosa abbiano scelto come argomento: Luigi Garlando.
Impeccabile scelta, non ci ha pensato nessuno.
Il powerpoint ha la giusta dose di effetti speciali, agli studenti piacciono sempre, e una quantità di inciampi adeguata al livello linguistico. Le ragazze se la cavano con l’aiuto del testo scritto e con una certa frequenza ripetono: ” Garlando ci ha detto…”
Io onestamente penso che vogliano dire che hanno letto da qualche parte un’intervista e già sono ammirata per lo spirito da ricercatrici. Non le interrompo.
Alla fine le ringrazio e chiedo: ” Ma quando dite che Garlando vi ha detto, dove avete trovato le informazioni, avete un articolo che possiamo condividere coi vostri compagni?”
Mi guardano come fossi interdetta:
” Prof. E. gli ha scritto su Instagram e lui ha risposto!”
Allora caro Luigi, io non so proprio come le mie due E. e S., che masticano qualche frase di italiano a fatica, siano riuscite a scriverti, immagino che le loro domande siano partite in farsi o in francese o inglese, siano andate a Cupertino e ritornate in un qualche italiano e te le abbiano incollate in un messaggio, ma il fatto che tu abbia capito quanto fosse importante e trovato il tempo per rispondere, dà a tutto il nostro lavoro un senso vero.
Ora serve solo che ‘sto maledetto COVID ci dia tregua e che tu possa davvero rispondere all’invito che hai già accettato e venire a conoscere queste ragazze, che mi levano la pelle dalle ossa per infilare un accordo tra soggetto e verbo, ma poi mi fan gonfiare d’orgoglio e vedere un grande futuro.