Ho aperto questo sito due anni fa.
Non era un momento facile, o forse troppo.
Mi trovavo senza niente da fare.
Dopo aver mosso mari e monti, figli e gatti, trovato casa, svuotato casa, affittato casa uno, affittato casa due, ché in italiano si dice nello stesso modo se la casa è tua e la dai in affitto e se invece la prendi in affitto. Fatto documenti di ogni sorta, permessi di soggiorno, iscrizioni a scuola, patenti della macchina, passaporti dei gatti, abbonamenti del bus e del treno, della televisione, internet, telefoni, assicurazioni per tutto e tutti, conti in banca e carte di credito, tutto questo, che solo a leggerlo mi torna la stanchezza, in una lingua che masticavo appena. Improvvisamente mi ritrovavo a mani vuote con la domanda,
–E adesso? E io?
Perché per tutti gli altri era chiaro cosa erano venuti a fare in questo Paese, ma io a parte badare a loro, che poteva bastare per riempirmi le mani, ma non la pancia, per il resto non sapevo veramente cosa ne sarebbe stato di me.
Così ho provato a vedere bene che la mente spesso gioca strani scherzi, e sentirsi a mani vuote, non vuol proprio dire esserlo. E mi sono ricordata delle cose che amo fare, che alla fine, stringi stringi, sono disegnare e scrivere.
Cioè ce ne sono molte altre che mi piacciono, ma quelle che mi fanno stare bene per il solo fatto di farle, anche da sola, anche senza un motivo, sono quelle lì.
E da lì sono ripartita, raccogliendo un po’ di pezzi e mettendoli in queste pagine, le mie storie, i miei libri, i miei disegni, e pian pianino li aggiungo, quando li trovo in un cassetto.
E aggiungi aggiungi, sono successe tante cose davvero imprevedibili in due anni.
Stamattina sono andata alla casetta che abbiamo appena comprato, ( abbiamo comprato una casa in Svizzera! Me lo avessero detto prima sarei svenuta) e mentre aspettavo il signore delle caldaie, faceva un gran freddo, ma mi è venuta voglia di restare in giardino, di farci un po’ amicizia.
In alcuni vasi c’erano dei fiori di vetro, (mia nonnna li chiamava così non so il nome botanico), e delle begonie, erano morti congelati.
Mi sono sentita in colpa. Ormai sono miei, me ne devo prendere cura, la signora Gertrude me li ha lasciati, lei è in casa di riposo.
Mi è venuto in mente Il giardino segreto, di Frances Hogdson Burnett, da piccola lo avevo adorato.
Il signore delle caldaie era in ritardo, ho potuto continuare la mia esplorazione.
Il giardino non è grande e non è bello, molto trascurato, ma mi ricorda quello di mia nonna.
Tutta la vita aveva raccolto, anche rubato, semi, talee, rametti, e li aveva portati lì. Mio nonno raccontava di averla scoperta staccare un rametto d’ibisco durante una visita ai giardini imperiali a Tokyo e portarselo per tutta la crociera in un fazzoletto umido fino a casa.
Mio padre si è fatto portare via dalle banche quel giardino, per fortuna mia nonna non ha fatto in tempo a vederlo.
Ma io ora ho il giardino di Gertrude, e a giudicare dalla quantità di vasi e vasetti sbreccati sparsi in giro, anche lei deve aver raccolto fiori un po’ ovunque, e prima di lei sua madre che ha costruito la casa.
E anche se qui fa ancora un freddo per me insensato, il giardino si sta svegliando, a guardare bene mi ha già regalato dei fiori, e tanti altri bulbi fanno capolino un po’ dappertutto.
Quest’anno sta portando un sacco di sorprese, pare che la primavera mi porterà anche un giardino in fiore.
E di questo non posso che essere grata.