esercizi di sopravvivenza.
Un piccolo esercizio che mi porto dietro da tanto, non è invenzione mia, ma non so più chi me lo abbia insegnato. A naso direi La via dell’artista di Julia Cameron, ma non ho qui il libro per controllare. Comunque lo faccio da talmente tanto tempo da considerarlo roba mia.
Sembra semplice: ogni mattina, appena sveglia, fai una lista di dieci cose di cui essere grata, meglio se la scrivi in un quaderno, ma va bene anche solo elencarle in mente.
Facile facile nei periodi in cui tutto va bene, un altro paio di maniche quando le cose vanno storte, ma è proprio lì che val la pena di giocare, quando il gioco si fa duro…
Negli anni io ho affinato la tecnica, quando sento che il caso di riprendere l’esercizio, passo un paio di giorni a fare liste facili, cominciando da quelle cose così scontate da sembrare banali, ma prova a farne a meno…
i must tipo…. la salute (!).
Cominciare ogni mattina con un pensiero di gratitudine per il fatto di essere in salute, di questi tempi è tanta roba, se poi lo estendo ai miei cari, potrei farci liste per mesi.
Io però amo il lato pazzerello di quest’esercizio, concedermi di essere grata anche per le cose piccolissime e un po’ frivole.
Una delle regole del gioco è che la lista dovrebbe essere segreta, uno spazio solo per me, non sia mai che appaia sfacciata o provochi invidie. Il segreto permette di essere grate per cose minuscole che sono gioie solo per noi.
Visti i tempi grami però, e il bene che mi fa la mia lista mattutina, oggi la condivido, siate buoni, abbiatene cura.
Oggi, 10 aprile 2020, sono grata perché:
- Sono in salute. Due mesi fa su questo punto avrei avuto molto da eccepire, ho un problema a un orecchio che dovrò continuare a curare per sempre e delle restrizioni alimentari che mi proibiscono glutine e pomodoro – la pizza!- ma vi sembra un problema di questi tempi?!
- I miei cari sono in salute. È qualche giorno che non verifico le mie zie, ma ho sentito la mia compagna di università chiusa in casa da sola da un mese con la sua bambina di tre anni. Non ha ancora messo la bambina in lavatrice, direi che va tutto bene.
- Mi sono svegliata alle sei e tutti dormivano. Ho potuto fare la doccia in pace, senza nessuno che bussasse alla porta, entrasse, litigasse sul pianerottolo. Sembra poco, ma le madri mi capiranno, è una vera rarità, molta gratitudine.
3 bis. L’ultima volta a Milano a fine febbraio, mi sono concessa un acquisto che desideravo da anni: una bottigliona gigante di shampoo alla camomilla, di quella marca che usano solo i parrucchieri e mia madre, a cui l’ho insegnata io nei bei tempi da single. La bottigliona è la regina della mia lista della gratitudine. 3 bis bis Per restare in zona vanità, non sarò mai abbastanza grata al momento di consapevolezza che mi ha fatto ammettere che non sarei mai stata capace di tingermi i capelli da sola; preso atto dell’offerta parrucchieri della Confederazione, ho scelto di accompagnare la mia testa verso l’incanutimento con dei semplici colpi di sole al solo scopo di evitare l’effetto Capitan Harlock. Ho eliminato alla radice il grave problema della ricrescita da quarantena. Ora bisogna che il virus si dia una calmata, perché se non riesco a venire a Milano dal parrucchiere per un taglio, più che Capitan Harlock sembro Barbie Vecchia. Ma è meno urgente, c’è sempre la crocchia stile Nonna Papera che si intona con l’eccesso di produzione dolciaria di queste settimane. - Addirittura dopo la doccia sono potuta tornare a letto col PC, solo i gatti si sono accorti che ero sveglia. Se così non fosse ora non sarei qui a scrivere, ( per la verità l’individuo con cui condivido il letto ha appena bofonchiato che mi regalerà una tastiera silenziosa. Dato che lui guarda telegiornali e talk show fino alle due di notte e ricomincia con i video alle sei del mattino, potrebbe regalarmi direttamente una camera singola, come molte coppie chic di una certa età. Di quello potrei riempire una lista di gratitudine)
- Oltre a essere sana e lavata, ho un tetto sopra la testa. Anche questo affatto scontato visto come va il mondo e nel nostro caso la fatica che abbiamo fatto a trovare il coraggio di vendere la nostra bella casa di Milano, a trovarne una qui che ci potessimo permettere e a venire via dalla bellissima casa in affito a prezzi da usura.
- Mi ritrovo anche a essere grata per il ritardo nell’approvazione del nuovo Piano Urbanistico ( vent’anni di professione e non avrei mai creduto di scrivere una cosa del genere) ché se avessero rispettato i tempi e ci avessero dato il Permesso di Costruire, adesso al posto di essere strizzati in una casetta delabrée, vivremmo in un cantiere, bloccato, con il tetto scoperchiato, e i muratori in quarantena; o forse meglio ancora, saremmo accampati chissà dove e come, perché ci avrebbero detto che non si può abitare in casa mentre rifanno il tetto. Quindi stavolta, ben venga anche il ritardo dei lavori.
- Sono arci super grata che la nostra casetta abbia un fazzoletto di giardino. ( qui rischio le invidie e me ne scuso) È stretto tra le case come quello del vecchietto di Up, se decidiamo di mangiare fuori gli inquilini del condominio di fianco dai loro balconi ci vedono nel piatto tipo, passami il sale; i passanti dal marciapiede hanno gli occhi nella mia aiuola dell’insalata e quando la innaffio loro rischiano la doccia. Quelle matte di Gertrude e sua madre in cent’anni che hanno abitato qui hanno piantato ogni germoglio che è passato loro per le mani, e ora questo giardino matto è soffocato da due alberi enormi che entrano in casa con le radici, nei balconi dei vicini con i rami, minacciano il nostro tetto che tanto va rifatto, ma loro non lasciano spazio alle impalcature; come degli elefanti in un negozio di porcellane, fanno solo danni; potarli ci costerà un patrimonio, uno andrà abbattuto, ma intanto adesso abbiamo due alberi e se mi metto sul gradino all’ora giusta, riesco anche a prendere un po’ di sole.
- Sono grata anche dell’illuminazione che ha avuto mio marito subito prima che chiudessero tutto, di andare a cercare la verdura in una serra. Non ne avevano, ma io ho deciso all’istante di comprare le piantine d’insalata e di trasformare l’aiuola di Gertrude in un micro orto. È stato un lavoro ingrato, la terra era di sasso, abbiamo finalmente eliminato un orrendo bosso malaticcio e io ho voluto salvare uno a uno i rizomi degli Iris che da almeno cinquant’anni la stavano colonizzando. Ma domenica mangeremo la nostra insalata.
- Oggi sono grata anche della mattana che mi è presa l’anno scorso davanti alla montagna di rami e foglie secche che occupa l’unico spazio di sole, ho comprato a pochi soldi una macchina miracolosa, una specie di frullino per rami secchi, che puntualmente è rimasto impacchettato per un anno in assenza di volontari. Ma ieri ha avuto il suo momento di gloria mentre cercavo di spiegare al mio ragazzo grande, che nella vita è bene imparare ad andare a fondo nelle cose, ma bisogna anche allenare la capità di scivolare sulla superficie, con leggerezza. Che è normale in questi giorni sentirsi un po’ tristi, ma non è il momento di andare a fondo di questa tristezza, meglio tenersi occupati, restare in superficie. E cosa c’è di meglio che tritare rami pensando alle persone che ti hanno fatto arrabbiare? La professoressa di matematica delle medie che si dichiarava fascista? Frrrzzzammm sbriciolata. Il compagno di scuola razzista? Trzzzum frantumato, lui era quel ramo di rovi che pungeva parecchio. Il virus maledetto? Quello è un po’ duro, vale almeno tre rami. E tutte quelle belle briciole di legno, le abbiamo poi sparse nell’angolo dove buttiamo le bucce di verdura e faranno un compost buonissimo e appena potrò ci pianterò le zucche, che tanto loro corrono e sanno trovarsi il sole, e potrò essere grata anche di quelle.
- Sono grata che la nostra casa sia sulla strada che sale dalla stazione verso le vigne, pochi passi e siamo a scuola di mia figlia. Il cortile è sul bordo della campagna, qui non si usano i recinti, quindi possiamo coltivare l’idea matta di andare a fare due tiri in porta. Non ne abbiamo ancora avuto il coraggio, sembra troppo, ma prima che il mio ragazzino piccolo si spegna ancora di più credo che lo farò. Gli proporrò una fuga in orario bizzarro, per non incontrare nessuno. Io, lui e un pallone, come la Compagnia dei Celestini. Perché la nostra strada arrivata alle vigne svolta a destra, verso l’ospedale e ogni ambulanza che passa, lui diventa un poco più pallido. Ma se glielo chiedo dice che lui è tranquillo, che il virus non lo preoccupa, sono io che mi dimentico di essere la mamma di Fonzie.